Premessa: sono di parte.
Andava scritto, perché sono un fan di Sting dai tempi dei Police [a loooong time ago] e la sua produzione per me è stata fonte di moltissime cose, tutte positive. Con le sue note ho scritto, mi sono commosso, ho ballato, ho pensato.
Ieri sono andato al suo concerto al Sonic Park, e non sapevo bene cosa aspettarmi: certo ero speranzoso ma 71 anni…Sono tanti per chiunque. Non parlo tanto della generalità del tempo che passa sul fisico di un uomo, ma della freschezza che si riesce a ridare a pezzi decisamente iconici, praticamente immortali. Al di là del piacere di ascoltare ‘Walking on the moon’, mi sono chiesto, riuscirà a ‘farmela sentire davvero?’.
Ci è riuscito: quasi due ore di concerto senza interruzioni, una verve e una presenza scenica senza pari, una giovane band [su tutti il grandissimo Dominic Miller alla chitarra: stratosferico] capace di seguire, di sostenere, di interpretare pezzi che per ogni amante del pop sono sacri; arrangiamenti capaci di dare freschezza senza stravolgere le musiche, e quella voce un po’ arrochita [solo un po’] ma sempre lei, sempre quella.
Ci è riuscito con la giusta dose di ritmo, coinvolgendo un pubblico inevitabilmente composto per la maggior parte da 40/50enni, lasciando l’impressione nettissima che si può fare, si può ancora fare davvero quella roba lì, quel ritmo veloce, quei testi alti, quel reggae rivisitato che hanno inventato loro tre.
Si può ancora fare, e l’ho visto: una ragazza che all’inizio stava lì spaesata mentre guardava suo padre che ballava e batteva le mani, alla fine ballava anche lei.
Si può fare, ancora. E si può ancora fare.
P.S. grazie per Roxanne.
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