Ieri sera si è tenuta l’edizione numero 70 dei David di Donatello, il premio più prestigioso del cinema italiano. Contrariamente a quanto faccio di solito, ho guardato la cerimonia, presentata da Elena Sofia Ricci e Mika: una coppia curiosa, ma almeno non abbiamo recuperato dalla naftalina qualche vecchia gloria (o mummia) della televisione italiana.
Cominciamo con le questioni importanti: i vincitori. Il trionfatore della serata è stato “Vermiglio” (ne scrissi qui), che si porta a casa 7 statuette: film, regia, sceneggiatura, fotografia, produzione, casting e suono. 3 riconoscimenti a Gloria!, film di esordio di Margherita Vicario. 4 premi tecnici a “Le Déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta” (che confesso di non aver visto): scenografia, costumi, trucco e acconciatura. 3 David a “L’arte della gioia”, per sceneggiatura non originale e due attrici, anche se non ho capito perchè questa serie diretta da Valeria Golino concorresse con dei film.
Elio Germano ha vinto il premio per il migliore attore protagonista per “Berlinguer – La grande ambizione” e Francesco di Leva come non protagonista per “Familia”. A bocca asciutta son rimasti la Comencini con “Il tempo che ci vuole” e Sorrentino per il suo “Parthenope” (e per questo non mi dispero nemmeno per un attimo!).
Dal palco abbiamo ascoltato discorsi di ringraziamento, a volte commossi, molti dei quali hanno evocato la stretta attualità: le guerre, il riarmo, il conflitto israelo-palestinese, i tagli alla cultura e al cinema. Premi speciali a Ornella Muti (assente), Giuseppe Tornatore, Pupi Avati (sì, è ancora vivo!) e Timothée Chalamet, che sarà fuggito con la fidanzata subito dopo, ci scommetto le nacchere. Sì, perchè la sensazione è stata quella di una minestra troppo allungata: 3 ore e mezza, beneficiando della prima fumata nera del Conclave, altrimenti sarebbe tutto slittato in avanti, verosimilmente.
Il sospetto è che come spesso accada si voglia scimmiottare format stranieri, in questo caso la notte degli Oscar americana (che forse già non funziona più da anni), ma che tradotto nella versione italiana scivoli nel provincialismo un po’ imbarazzante. Mika e la Sofia Ricci non sempre a loro agio con la lettura del gobbo, i numeri musicali a volte più riusciti, altre meno. Quanto sarà costata questa operazione mastodontica al teatro 5 di Cinecittà? Meglio non saperlo, direi.
Un dato sul quale riflettere: tante donne premiate (e ci rallegriamo di ciò), Maura Delpero prima donna a vincere come migliore regista (e infatti ho scelto lei per l’immagine di copertina)… peccato averci messo solo settanta edizioni!
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