Credo fosse l’estate del 2009 e io sentivo per la prima volta i Talk Talk in una carrellata di musica anni ’80 che una mia cara amica mi fece ascoltare per conoscere la colonna sonora della sua giovinezza. Such a shame e It’s my life mi piacquero fin da subito e si fissarono tra i bei ricordi musicali, ma non andai oltre quelle due canzoni perché sono fatta così, se non c’è qualcuno che mi spiega la musica, io non ho intraprendenza per esplorarla da sola.
Così appena ho saputo che Federico Sacchi avrebbe fatto uno spettacolo sui Talk Talk ho subito prenotato i biglietti coinvolgendo Pier.
Per chi ancora non lo conoscesse, Federico Sacchi è un musicteller e con i suoi spettacoli racconta la vita, la musica e le passioni di musicisti e artisti. È possibile immergersi così nelle atmosfere degli anni passati, tra un aneddoto e un ascolto guidato, che contestualizzano e riportano alla luce ogni fase della vita del personaggio raccontato. Ci si agita sulle poltroncine a tempo di musica, si ride per una battuta, ci si emoziona per i dolori vissuti da questi personaggi e alla fine si esce arricchiti da un’esperienza che non si potrà dimenticare.
“Talk Talk before the silence” è tutto questo raffinato dagli anni di esperienza di questo format. Si parte con una band un po’ raffazzonata ma subito promettente che apre i concerti dei Duran Duran, per arrivare poco dopo al successo dell’album It’s my life. Ma questo non è l’ideale di musica atemporale a cui tende Mark Hollis, così iniziano le sperimentazioni, permesse da budget illimitati della casa discografica e dalla notorietà raggiunta dalla band che può chiamare i più grandi musicisti per delle collaborazioni.
All’interno dello spettacolo, le canzoni composte successivamente dai Talk Talk che normalmente potrebbero apparire come ostiche da ascoltare, si rivelano invece per la loro bellezza e complessità. Federico guida perfettamente il racconto dando i giusti elementi per l’ascolto e facendo aderire il pubblico alla visione artistica di Mark Hollis. Emerge il lavoro certosino di sottrazione del superfluo nella musica, il valore del silenzio tra un suono e l’altro che è anch’esso musica risuonante, la ricerca di armonie e note mai sentite prima. E quando anche sul palco cala il buio tranne che per una tenue lampadina che scende dal soffitto, te lo immagini proprio, Mark, lì seduto al pianoforte che preme un tasto e aspetta in silenzio che il suono si dissolva nell’aria.
La raffinatezza dello spettacolo ha la sua perfetta rappresentazione visiva nelle immagini di Gianni D’Angelo, che richiamano volti, forme e colori dei Talk Talk in modo che ogni elemento giochi un ruolo per completare l’esperienza.
Il lavoro di ricerca di Federico è portato avanti da anni all’interno del progetto Rediscovery, che non si esaurisce nel solo spettacolo teatrale ma racconta anche la fase preparatoria e gli sviluppi dopo l’uscita in scena. Spero davvero che con questa recensione anche voi sarete curiosi di seguirlo nelle prossime scoperte!
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