Mi è capitato di assistere a un paio di dibattiti tra due studenti che prendono il 61 per andare o per tornare da qualche liceo cittadino. I due solitamente ripassano filosofia ingaggiando schermaglie che forse non sono all’altezza dei dialoghi delle scuole ateniesi di qualche milennio fa, ma hanno un loro perchè. Soprattutto sul 61.
Riporto qui fedelmente (per quanto possibile) il modo in cui una SignoraMia in configurazione da guerra totale, esibendo lo sguardo feroce del post mercato ha demolito uno dei trattati filosofici più importanti della storia dell’umanità. Due buste della spesa appese a un braccio, la borsetta all’altro, e tanti saluti ad Aristotele.
Location: Linea 61
Studente A: “E poi, sempre parlando di Etica Nicomachea c’è il sesto libro, quello principale”.
Studente B: “Se lo dici così il prof ti scotenna”.
SignoraMia: “E farebbe solo bene”.
I due si voltano, ma la conoscono e abbozzano.
Studente A: “Insomma nel sesto bisogna definire cosa sia la felicità e se e come si possa ottenere. Toh!”.
Studente B: “Seh, per sommi capi. Approfondendo però? Lo sai che così non gli basta.”.
SignoraMia: “Anche perchè non hai detto niente, masnà, parliamo chiaro”*.
Studente A: “Ogni cosa in natura avviene secondo un fine perciò anche l’uomo deve avere una funzione sua propria. La funzione definisce anche l’essenza della cosa, ad esempio per un coltello la funzione propria sarà il tagliare e per un occhio il vedere. Deh! Meglio così?”.
SigmoraMia: “Ah sì? E chi l’ha detta ‘sta fregnaccia?”.
Studente B: “Aristotele”.
Studente A: “Signora stiamo solo ripassando…”.
SignoraMia: “A parte che una ripassata ve la darei io al posto delle vostre mamme che invece che farvi sbattare la testa su ‘ste tavanate dovrebbero mandarvi a lavorare come carpentieri…’Sto Aristotele qui sapete cosa aveva in abbondanza?”.
Studente B: “…No…”.
SignoraMia: “TEMPO DA PERDERE, ecco cosa.” Poi, guardando l’illustrazione del libro con il famoso dipinto: “Eccoli lì, guarda: a chiacchierare in mezzo a gente che non fa niente: uno buttato sulle scale come un barbone… andate a lavorareeeeeeeehhhhh!”.
Studente A: “Ma era un filosofo, e parlava anche di politica”.
(Alla parola ‘politica’ io mi scosto e muovo in fretta verso il fondo del pullman).
SignoraMia: “Ah si? Politica?”.
Studente B: “Cito…
SignoraMia: “Cosa citi? CITU!**.
Studente B: “Però se mi fa finire…Che poi…vabè”.
SignoraMia: “NONONONONO, finisci pure, sentiamo, DAIDAIDAI”.
(Il ‘daidaidai’ di SignoraMia è un diktat. Non c’è scampo, pena il dirottamento del mezzo)
Studente B (sospirando): “…Visto che l’oggetto della politica è proprio la virtù perché si pone come obiettivo quello di trarre il meglio da tutti i cittadini è chiaro che il fine ultimo dell’attività politica è il medesimo della virtù: la felicità”.
SignoraMia: “Un corno! Il fine ultimo è fregare più soldi possibile alla povera gente, sciupare tutto quel che abbiamo fatto di buono in anni di lavoro onesto, aumentare i prezzi I PREZZI I PREZZI!
Studente A: “Signora ma il libro…”.
SignoraMia: “Te lo do io il libro! Eccolo qui! (inizia a ravanare nella busta della spesa e tira fuori uno scontrino) Ecco, digli un po’ al tuo amico dell’etica di Nicola se le zucchine IN STAGIONE posson costare ‘sta cifra qui! Eh?”.
Studente B: “Non penso che Aristotele sapesse di zucchine…”.
“SignoraMia: “Appunto! Invece di contare storie e tavanate varie andando a spasso in mezzo ai barboni, avrebbe dovuto cercarsi un lavoro onesto e guadagnarsi il pane, invece che scriver libri dove c’è la politica e la felicità nella stessa frase. AVETE CAPITO?”.
Hanno capito.
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*Masnà = ‘Bambino’, in dialetto piemontese.
** Citu = ‘Stai zitto’, sempre nel medesimo dialetto
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