Martha (T. Swinton) è un’ex reporter di guerra, che ora ha il cancro. Ingrid (J. Moore), una scrittrice di successo, reduce dal suo ultimo libro pubblicato: le due non si frequentano da parecchio, anche se si conoscono da una vita. Quando la seconda scopre della malattia della prima, si ricongiungono e tornano a passare del tempo insieme. Martha, quando si rende conto dell’inevitabile epilogo del decorso del suo tumore, non vuole continuare in inutili e dolorose terapie e comunica all’amica di volere morire autonomamente, procurandosi prima il necessario e chiedendo a Ingrid se è disposta a farle compagnia negli ultimi giorni. La scrittrice inizialmente è spiazzata e anche a disagio, ma decide di assecondare l’ultimo desiderio di Martha. Così si ritirano in una casa fuori città, in mezzo ai boschi, per trascorrere qualche tempo lontano dall’ospedale e dai medici. Una piccola vacanza per prendere commiato dalla vita.

Pedro Almodovar, pluripremiato regista spagnolo e conosciuto in tutto il mondo, firma il suo primo film in lingua inglese, tratto dal romanzo “Attraverso la vita” di Sigrid Nunez. E’ una vicenda che parla di morte, inevitabilmente, ma anche di fine vita (che non è esattamente la stessa cosa), di ricordi, rimorsi, solidarietà, amore (anche nel senso lato del termine), accettazione, senso di colpa. Forse non è il suo miglior film (il racconto di episodi passati non funziona benissimo), ma affronta un tema da sempre e in molti luoghi tabù, con delicatezza, pudore e, se possibile, leggerezza. Messa in scena come al solito perfetta, dove le scelte cromatiche (dei vestiti, gli arredi, il trucco) sono fondamentali. Fotografia e musiche, contribuiscono al risultato, come anche il duetto di bravura della Swinton e della Moore.

Al contrario delle precedenti pellicole, per le quali si è imposto nell’immaginario collettivo, il grottesco lascia il posto alla compostezza, l’ingorgo dei sentimenti e delle passioni a una meditazione pacata sul tempo, passato, presente e futuro (evidente il riferimento a “Dubliners” di Joyce). Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia, lo scorso settembre. Forse merita una seconda visione e magari in lingua originale (cosa che mi concederò, credo).

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