A Tokyo vive Hirayama (K. Yakusho), che ha un modesto impiego di pulizia dei bagni pubblici, sparsi per la città. Ogni mattina si alza e parte all’alba sul suo furgoncino blu, carico di strumenti di lavoro, e ascoltando audiocassette nello stereo, soprattutto di cantanti stranieri anni ’70 e ’80. La sua quotidianità è scandita, al di fuori dal lavoro, dalla stessa sequenza di azioni: il pranzo al parco, le foto agli alberi e alla natura, la piccola serra di piante che tiene in casa e che cura con amore, l’andare a lavarsi in un bagno pubblico, la cena nello stesso locale alla stazione; solo nel weekend si concede qualche attività diversa. E’ un uomo taciturno, che parla poco e sorride spesso, soprattutto quando si fa intenerire dagli esseri umani intorno a lui. E’ anche una persona metodica, meticolosa, quasi ossessiva, per come porta avanti i suoi interessi, ma anche il suo lavoro. Non lo capisce, infatti, il giovane collega Takashi (T. Emoto): perchè impegnarsi tanto a pulire bagni e sanitari, quando poco dopo la fine dell’operazione saranno di nuovo sporcati?

Wim Wenders, alla soglia degli ottant’anni, gira un film in Giappone, dove la storia è minimale (solo nella seconda parte della pellicola intuiamo qualcosa del passato del protagonista), il ritmo lento e compassato. Se siete in cerca di una storia dalla cadenza serrata, meglio lasciar perdere. Tuttavia, non si può negarne il fascino, anche grazie alla fotografia e l’uso della musica. Straordinario protagonista, Yakusho ha vinto il premio come migliore attore al Festival di Cannes 2023. Basterebbe l’ultima scena in primo piano a spiegarlo, ma la sua mimica e il suo sorriso sono capaci di sottigliezze profonde, che lo rendono perfetto per il ruolo.

E’ una storia con una sua poetica precisa, ma del resto se scegliete Wenders è perchè, si spera!, non vogliate un cinepanettone.

Buon inizio anno!

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