Cameron (C. G. Moretz) è un’adolescente americana come tante, nei primi anni ’90. Beccata dal fidanzato a baciare una ragazza a una festa, viene spedita dalla zia in una comunità cristiana (God’s promise), dove un pastore e una psicologa accolgono ragazzi. Tutti come Cam: molto giovani, costretti dalle famiglie a questa sorta di rieducazione, per aver manifestato la propria omosessualità. Si fa leva sul senso di colpa, sulla fede in Cristo e sul rinnegare la propria natura, incline al peccato. Lo stesso pastore è un “ex gay” che ha ritrovato al retta via. Cam fa amicizia con due ragazzi in particolare, più anticonformisti del gruppo: Jane, con una protesi alla gamba e il nativo americano Adam. I tre formeranno un sodalizio umano capace di farli resistere alla masochistica disciplina della comunità.
Tratto dal romanzo di Emily Danforth, “La diseducazione di Cameron Post” è un piccolo film intelligente, dove non c’è spazio per il giudizio, che è lasciato allo spettatore. L’America bigotta e di provincia, con le sue convinzioni medievali sull’omosessualità e il peccato, è dipinta nelle sue inevitabili contraddizioni, senza condiscendenza, con tocchi di ironia beffarda e alcuni passaggi malinconici. La regista iraniana Desiree Akhvan deve avere ben presente che significhino censura e proibizioni. Gran premio della giuria al Sundance Film Festival.
ps: se qualcuno pensasse che è una storia datata, o troppo lontana dai nostri contesti, faccia un confronto con questo!
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