Già prima di varcare il cancello di ingresso vedevi queste strane creature rosa, immobili ed arcane su una zampa sola, i fenicotteri.
Se sei nato nei settanta, probabilmente tenevi per mano tuo papà o tua mamma, e quello era un luogo di meraviglie: dopo i fenicotteri, gli elefanti, e le anatre che nuotavano nel fiumiciattolo che scorreva tutto intorno. Poi le giraffe, le scimmie, l’orso polare e quella povera pantera nera che andava avanti ed indietro misurando in due falcate la gabbia, come un pendolo che ha perso lo scopo di battere il tempo.
Era lo zoo di Torino, al Parco Michelotti.
Lo hanno chiuso, e hanno fatto bene: gli animali non vanno tenuti in gabbia, stretti, compressi.
Ma i bambini che tengono per mano un ‘grande’ e vedono un orso polare vero non ci pensano: spalancano solo gli occhi e si preparano a qualche domanda ingenua alla quale papà o mamma cercheranno di rispondere da etologi della domenica.
A me piaceva, così come mi piacevano le giostre in Piazza Vittorio durante il periodo di carnevale. Zoo e giostre erano la giornata perfetta.
Sono tornato periodicamente al Parco Michelotti per lavoro collaborando con Experimenta e senza tenere per mano nessuno, e devo dire di averlo sempre trovato un luogo molto gradevole. Ma anche Experimenta ha fatto le valigie, insieme allo zoo ed alle giostre in Piazza Vittorio, così non ho più avuto occasione di andarci per parecchio tempo, fino a questa estate; sono stato invitato ad un evento che si svolgeva lì. Ho pensato di arrivare un po’ prima in modo da fare un giro, e ho fatto molto male: il parco versava in condizioni davvero miserrime, ma la cosa che mi ha colpito di più è stata la polvere.
Come fa un luogo all’aperto risultare impolverato? Beh, Parco Michelotti lo era: un disastro.
Visto che “Mala tempora!” non è la mia espressione preferita, ho magonato un po’ e poi via verso il motivo della mia presenza in quei paraggi.
A volte le cose rimangono belle, altre volte se ne vanno, in certi casi semplicemente invecchiano e vanno a catafascio.
Ieri ho visto questo: http://samuseum.wordpress.com/ 
Mi è piaciuto, anche se di arte ne so come di principi contabili internazionali e tecniche di bilancio. Mi è piaciuto il concetto, mi è piaciuto che qualcuno abbia pensato ‘Dai, c’è uno spazio vuoto ed abbandonato: perchè lasciarlo lì a prendere polvere?’ invece che fare come me e pensare ‘Beh, è andato’.
No, non è andato: è lì, è uno spazio verde che pare un’oasi nel cuore della mia città, e qualcuno lo sta riempiendo con qualcosa di bello, di colorato, di vivo.
Che dire? Bravi, e viva SAM.

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