Jérémie (F. Kysyl) torna nel villaggio in cui è cresciuto, perchè è morto il fornaio, per il quale aveva lavorato in passato. Incontra così la vedova dell’uomo, la signora Martine (C. Frot) e il figlio Vincent (J. B. Durand); quest’ultimo non è troppo felice di vedere il giovane e quando Jérémie decide di fermarsi qualche giorno, dopo il funerale, la tensione inizia a salire. Nella vicenda incontriamo anche un altro amico del protagonista, Walter (D. Ayala), il parroco (J. Develay) e la polizia, dopo che Vincent scompare misteriosamente.
Alain Guiraudie scrive e dirige un film di difficile collocazione: ha una vena di grottesco e di inquietudine che lo attraversa per tutta la sua durata. Indubbiamente mescola toni di mistero (il bosco che ritorna costantemente), con questioni morali, la violenza con l’espiazione, la menzogna con il desiderio, la gelosia con il senso di colpa. E l’amore, anche: non è un caso che il titolo originale alluda alla misericordia.
E’ Jérémie il polo attrattivo che quasi tutti stordisce e al quale non si può resistere, personaggio che potrebbe ricordare il Terence Stamp in “Teorema” di Pasolini, ben reso sullo schermo da Félix Kysyl. E’ una storia da prendere senza riserve, anche nella sua dimensione surreale, che certo a tratti disturba, sotterraneamente affascina, spesso e volentieri spiazza.
Finale sospeso, in linea con la narrazione della storia. Presentato al Festival di Cannes 2024.
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