A volte la disciplina è un sistema efficace, altre volte è come una gabbia che come tale tende e essere troppo angusta. Vale per la disciplina e vale per il metodo, che può diventare abitudine e ripetitività. È un confine piuttosto labile.

Ecco, io non ho mai piantato un libro a metà.
È uno dei miei punti fissi, quello di non mollare un libro, qualsiasi libro; se voglio essere onesto, non si tratta di una scelta di disciplina, e nemmeno di metodo. E non è nemmeno un punto fisso: è una mania.
Insomma non ci riesco. Ci sono stati dei periodi in cui non riuscivo a iniziare un libro senza averne letto ogni sua parte, compreso il codice ISBN. Adesso va meglio, e inizio dalla dedica, ma mi ci è voluto un po’.
A volte mi sono allontanato fisicamente da libri presenti in qualche salotto di amici o parenti perché sapevo che una volta preso in mano il volume ne sarei divenuto immediatamente schiavo e questo che mi piacesse o meno il libro. Ho persino iniziato e finito un ‘romanzo’ della collezione Harmony trovato su un tavolino a casa di amici; ci avrò messo sì e no mezz’ora, ma perbacco, in mezz’ora si possono fare cose utili per il mondo, o almeno per il prossimo, no?
Egli la guardò e desiderò annegare nell’azzurro dei suoi occhi….

Insomma, ho pensato a cose come questa nel momento in cui ho preso il volume che stazionava inerte da mesi sul mio comodino e l’ho riposto nella libreria. “Senti, mi spiace, ma proprio non ce n’è. Amico mio, non so se sia una questione di intelligenza, di attitudine, di esercizio…non lo so, ma mi stai sul groppone da un paio d’anni e sai che ti dico? Mi arrendo, hai vinto, e così sia”. Non mi sono rivolto a Marcel Proust, sia chiaro; mi sono rivolto proprio all’opera. Alla Recherche, ‘Alla ricerca del tempo perduto’.Niente da fare: ho trangugiato il primo volume, e all’inizio del secondo ho capitolato, lasciandolo lì. È che a un certo punto mi sono accorto che se è vero come è vero che la lettura è sempre tempo sottratto ad altro, io stavo letteralmente buttando nello scarico del cesso una quantità assurda di ‘tempo lettura’ per stare dietro a quell’opera. Se mi è piaciuto quel che ho letto? Beh, diciamo che ho trovato davvero meravigliosa la parte dell’ innamoramento di Swann e del legame tra la sua ossessione amorosa e una particolare aria musicale. Quella è una parte davvero notevole. Il resto l’ho trovato impossibile da associare al concetto stesso di lettura vista come coinvolgimento emotivo. Mi stava distogliendo da fior di libri che avevo in mente di leggere ma che stavano in coda nella mia testa, appesi lì col numeretto…Così l’ho accantonato e mi sono detto: beh, mollo per un po’ e poi lo riacchiappo, giusto il tempo di leggere quest’altra cosa e rifiatare un po’. Ma il suo tempo si è dilatato nei mesi, proprio come i capitoli si dilatano in quel dannato libro, all’infinito, in un’eterna descrizione di…cosa? Non l’ho capito, e quando ho capito di non averlo capito e di non avere alcuna possibilità di capirlo, beh…Abbiamo preso strade diverse, lui è tornato a casa tra i suoi amici nella libreria, io ad altre imprese. Credevo che ci sarei rimasto male, invece no.

Cèline, che era quello che era, ha sintetizzato in modo brutale [nonchè omofobo] il pensiero di quelli che come me sono nstati sconfitti dalla ‘Recherche’: “Proust sarà anche bravo, ma vogliate ammettere che 200 pagine per dire che lo vuoi prendere in quel posto sono un pochino troppe”
Non è che mi senta di dargli torto.

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