Entri in ufficio, hai di fronte quella che credi sia una giornata come tante: la testa piena di cose che pensi siano importanti e che diventano un enorme NIENTE, perché ti hanno detto che un tuo collega, un compagno di viaggio, è morto.
27 anni, un incidente.
Io in questi casi non riesco a dire niente, ma penso a mille, e quello che emerge sempre al netto del dolore, dello sconforto, dello shock, è la rabbia. Non per la fatalità, non contro il destino, posto che esista.
Sono solo parole, lo so che in termini assoluti le vite finiscono anche prima, che ci sono guerre e catastrofi di portata inimmaginabile, so tutto.
Ma il piano generale è un conto, mentre qui si tratta del particolare, e nel particolare la vita di Mattia è finita a 27 anni, e penso che non sia giusto, che sia uno spreco perché mi viene immediatamente da pensare a tutto quello che avrebbe potuto fare, pensare, progettare, costruire, desiderare.
Ho lavorato [sto lavorando!] a un progetto che lo ha visto impegnarsi in prima fila con entusiasmo, con intelligenza, competenza, e adesso non sarà più la stessa cosa. E’ inutile metterla giù diversamente: non sarà più la stessa cosa, e basta.
Mi fa così arrabbiare, questo peccato, questo spreco, questa strada che finisce e lascia a terra promesse e futuri che non avranno modo di manifestarsi.
Non lo so, sono fatto così, forse male, è un pensiero che ho già avuto modo di scrivere, ma non posso farci nulla.
Mi dispiace tanto, Mattia, per tutto: anche perché avrei voluto scrivere qualcosa di diverso, ma posso solo dirti questo.
E che mancherai.
P.S. Sono appena tornato dal funerale: ho visto così tanta gente, così tanti giovani, e una famiglia unita, forte, bella. Ho percepito distintamente la stretta con cui il gruppo umano che ha contribuito a creare Mattia ha abbracciato la famiglia. Nel dolore, è stata una luce, qualcosa che conforta e fa ben sperare.
Un saluto per Mattia by Collateralmente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.
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