Parthenope (C. Dalla Porta) nasce a Napoli nel 1950: seguiamo la sua vita da quando ha diciotto anni, fino oltre i trenta, con una coda nel 2023. Buona parte della vicenda si gioca sulla sua giovinezza, i suoi amori estivi, il rapporto con i suoi genitori e suo fratello, gli incontri con uomini e donne singolari: una maestra di recitazione (I. Ferrari), un’attrice di mezza età (L. Ranieri). A Capri incontra e conosce John Cheever (G. Oldman), malinconico e alcolizzato. Intuisce che il cinema non fa per lei, sceglie di studiare antropologia con il prof. Marotta (S. Orlando), ruvido docente, ma forse solo in superficie.

Il decimo film di Paolo Sorrentino è una storia bizzarra, che lui stesso ha sceneggiato. C’è una consueta galleria di personaggi particolari, una dimensione di surreale che si mescola al grottesco, battute folgoranti. Però. Però, per dirla con Califano, tutto il resto è noia: il ritmo lento e compassato, una trama con passaggi troppo sgangherati e dialoghi quasi ridicoli, a tratti.

Affronta molti temi: il dolore, l’amore, la morte, la solitudine, il desiderio, l’invecchiare. E’ un film che non funziona, ma va dato atto che Sorrentino è coraggioso anche quando sbaglia. Da un punto di vista tecnico nulla da eccepire, la regia, la fotografia e le musiche sono ottime, come anche il cast, a partire dall’esordiente Celeste Dalla Porta. Peccato per la storia, ma sopravviveremo lo stesso.

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