In ogni cosa della vita, se sei proprio costretto a fare qualcosa la fai senza cuore. Nel caso della stagione che conclude la saga di Gomorra si può dire che oltre al cuore è mancato tutto il resto: coraggio, intelligenza, inventiva. Trattandosi si intrattenimento, direi che peggio di così non poteva andare.

Ho amato, e molto, questa serie fin dalla prima puntata: tecnicamente ineccepibile, è stato uno dei pochissimi esempi di fiction italiana a non sfigurare nel confronto con produzioni di altri paesi. Fino alla 4 stagione che, va detto, chiudeva perfettamente un cerchio narrativo molto ben articolato.

E poi c’è la quinta stagione: il tracollo. Abbiamo una sceneggiatura raffazzonata, una fotografia cupa che va a scimmiottare Blade Runner, una recitazione che non rende distinguibili i personaggi della serie dalla loro mirabile parodia di The Jackal.

Personaggi sopra le righe, situazioni assurde, massacri degni della Colombia di Escobar, zero introspezione e un finale di una scontatezza disarmante. Ciro Di Marzio che si comporta da Jedi, Gennaro Savastano che grugnisce, spara, fa cose a caso.

Un disastro, insomma, i cui motivi probabilmente hanno un’unica attinenza: i soldi. Però, se proprio si doveva allungare il brodo per un’altra stagione, si poteva farlo meglio. Gomorra 5 è più pozzanghera che brodo, e dispiace.

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