C’è poco da fare: i capelli iniziano inesorabilmente ad ingrigirsi.
Ho sempre pensato che quando questo sarebbe accaduto non ne avrei fatto un dramma: perché mai? In fondo, da giovane, mi immaginavo come un uomo maturo con il fascino dettato dal ruolo, l’esperienza necessaria per gestire ogni situazione, la sicurezza accresciuta dal tempo in un mutare direttamente proporzionale ad essa.
Poi ci arrivi, a quell’età. E meno male, perché non era così scontato considerato che diversi amici già non ci sono più, che il mondo è piuttosto ingiusto e, almeno a prima vista, assolutamente casuale. Improvvisamente comprendi che il grigio non è poi così importante e nemmeno così caratterizzante. Una cosa ti è molto più chiara, a quarant’anni: il mondo intorno a te non è (quasi) mai il bel posto che immaginavi a venti, quando avevi tutti i tuoi capelli in testa e di un colore verosimilmente compatto (a parte quella volta delle meches, ma quella è un’altra storia).
Stamattina avevo questo pensiero che ronzava in testa. Mi sono svegliato con la consapevolezza del me giovane e per la prima volta mi sono interrogato sul fatto che il lontanissimo futuro di allora è già il passato di oggi. Ad essere ottimista il mio presente.
Mia figlia mi lancia un pallone e spera che io continui a rilanciarlo ancora e ancora. Giochiamo. Lei possiede quell’orizzonte, a sette anni, e il mio respingere la palla una volta, e un’altra, e ancora una la protegge e nel gioco la rassicura. Non si stufa mai. Prima o poi inizierà anche lei ad interrogarsi. A chiedersi come sarà e come sarebbe stato. Sarà ragazza e donna. Ed in quel tempo là avrò dato quello che potevo con tutta probabilità, avrò giocato le partite, vinte o perse che siano state. Ho provato a spiegarglielo, nella metafora del gioco, ma forse è prematuro. Avrò contribuito all’entropia di questo universo con ciò che potevo fare e dare. Questo è il punto. A vent’anni è più facile preoccuparsi dell’aspetto e meno di ciò che si farà quando si pensa all’alter ego vecchio con i capelli grigi. Fino a scoprire che l’aspetto conta il giusto, perché prevarrà l’interrogativo se, in qualche modo, non si sia sprecato o si stia sprecando tempo.
Le giornate sono ancora tiepide, fuori stagione. Fra poco arriverà il freddo. Sono più curioso di un tempo, più riflessivo. Ancora emotivo. Ma si può lavorare, c’è ancora creta per farlo. Si cresce sempre, in certa misura, se si pensa al futuro, di questo sono veramente sicuro. E forse, senza diventare troppo noiosi, è bene continuare a farlo con quegli occhi di ragazzo che si immaginava maturo e con i capelli brizzolati.
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