È sconcertante che, a questo punto, qualcuno possa ancora cadere dalle nuvole di fronte allo smantellamento sistematico del Gruppo Gedi e della Stampa. L’ennesima manovra di quel che rimane della Famiglia sabauda per eccellenza non è un fulmine a ciel sereno: è l’ultimo capitolo di una strategia cinica, portata avanti per anni, in cui l’informazione è ridotta a pedina sacrificabile nelle logiche di portafoglio.
Quando i finanzieri vogliono fare impresa le cose vanno sempre male, e infatti si vedono i risultati.
Non c’è stato alcun progetto editoriale che comprendesse i tempi complicati che l’editoria e l’informazione in generale sta attraversando, nessuna visione culturale, nessun interesse per il ruolo pubblico dei giornali. C’è stato solo un gruppo di potere che tratta testate storiche come asset da spostare, comprimere o liquidare al bisogno. La Famiglia, che ancora trae prestigio dal retaggio sabaudo pur avendo ormai abbracciato la finanza più spregiudicata, procede con disinvoltura in un’operazione che indebolisce il pluralismo e desertifica un settore già fragile. È una gestione che non conosce responsabilità sociale, né verso i lavoratori né verso il Paese.
Ma ancora più grave è il vuoto della politica. Non l’abbiamo vista prevenire, non l’abbiamo vista intervenire, non l’abbiamo vista proporre un modello alternativo. Si è limitata alle solite frasi rituali, a una compassione meccanica e irrilevante. Mentre le redazioni venivano ridimensionate e l’indipendenza dell’informazione entrava in zona rossa, i partiti osservavano come spettatori distratti, incapaci persino di formulare un discorso che andasse oltre la superficie.
Una politica vigile avrebbe intuito da tempo la direzione del vento, avrebbe aperto un fronte pubblico sul tema, avrebbe sollecitato una mobilitazione civile contro la trasformazione dell’informazione in puro capitale speculativo. Avrebbe difeso un’infrastruttura democratica, invece di lasciarla erodere giorno dopo giorno.
E invece.
Stupirsi, ma come hobby by Collateralmente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.



Lascia un commento