C’è stato un tempo della mia vita in cui scrivevo racconti: fantascienza e fantasy, più alcune cose ‘bohèmien style’ che facevano tanto Bukowski. Detta così è poca roba, ma mi piaceva farlo e ci ho ricavato anche qualche soddisfazione letteraria, un paio di premi [non lo Strega o il Campiello, no] e qualche pacca sulla spalla di buoni scrittori di cui avevo stima. Mi piace scrivere, penso si sia capito, ma l’oggetto del post odierno è una cosa strana che mi è capitata proprio a proposito di un racconto che scrissi moltissimo tempo fa.

La premessa è che da poco tempo mi sono trasferito con la mia famiglia a Torino, dopo avere vissuto per molto tempo in una cittadina della prima cintura: sto in una mansarda che ha una bella vista sulla Mole da una parte e sul fiume Dora dall’altra: mi è sempre piaciuta questa zona chiamata Vanchiglia; ci girellavo anche quando ero un ragazzo nel mio periodo ‘scrittore maledetto da dio e dagli uomini’, e poche notti fa mi sono svegliato di botto ricordando che proprio uno dei miei racconti è ambientato qui. Intendo proprio qui, su questo tetto che vedevo da ragazzino e che la vita mi ha portato ad abitare. Non sono riuscito a riaddormentarmi per un bel pezzo, pensando a questa illuminazione che deve avere motivi e implicazioni alle quali mai riuscirò a risalire [e questo mi fa arrabbiare, molto. Tutte le cose irrisolvibili ed inevitabili hanno questo effetto su di me].

Beh, comunque è strano, no? Così sono andato a cercare il racconto e l’ho trovato; non è invecchiato moltissimo: meno di me, comunque.

Parla di un vampiro e se volete potete leggerlo cliccando qui.

Abbiate pazienza per lo stile acerbo: ero proprio un ragazzino. Però rileggerlo mi è piaciuto.

Se vi fa schifo non ditelo però, che noi ex bohèmien siamo permalosi.

CC BY-NC-ND 4.0 ‘Il sangue del tempo’ e un’illuminazione notturna by Collateralmente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.