Ho una pizzeria vicino casa: la gestisce un Egiziano molto bravo, attento alla clientela, svelto nel comprendere i gusti di chi arriva nel suo locale per più di una volta. Così, pochi giorni fa, scendo per ordinare una pizza [chè la ‘pizza a portar via’ andrebbe considerata patrimonio dell’UNESCO] e mi fermo quei 10 minuti utili a vedere una scena: un papà e una figlia, lui sui 40, lei sui 10.
Ero molto vicino a loro, non potevo non sentire quello che si dicevano: parlavano del fatto che papà e mamma non potevano più stare insieme, che l’amore verso la figlia non sarebbe mutato, che non era colpa di nessuno. Le solite cose che si dicono a un piccolo essere che non capisce, che non accetta, che è smarrito di fronte allo sgretolarsi di quelle due colonne all’apparenza infrangibili chiamate Mamma e Papà.
Una scena composta ma ‘forte’, densa, pesante. Una pena per lui, un trauma per lei.
Su quante cose passiamo sopra, quante cose riusciamo a relativizzare a volte per pigrizia, a volte per l’impossibilità di empatizzare: mi ha colpito lo sguardo spento della bambina che con gli occhi cercava di aggrapparsi a qualcosa, qualunque cose che potesse porre fine a quella cosa brutta che stava succedendo.
Mi ha guardato per un attimo, distoglieno lo sguardo dal papà che addentava malvolentieri del cibo che certamente era amaro da inghiottire: ha guardato me, uno sconosciuto che stava aspettando una pizza.
Le ho sorriso, chissà perché, e chissà perché ho fatto il segno del pollice su: una cosa scema da fare ma mi è venuta così. Come la consoli una bambina che affronta una frattura del genere? Avrebbe potuto dirmi o pensare ‘Sai dove te lo devi mettere quel pollice?’. Invece mi ha sorriso a sua volta: la tristezza di quel volto, l’incapacità di usare strumenti che ancora devono essere creati nella propria coscienza, c’era dentro tutto.
Però ha sorriso.
Avrei voluto dirle ‘Coraggio, ci vuole coraggio sempre e comunque’, oppure dare una pacca sulla spalla al papà e dire la stessa cosa. Ci vuole coraggio, dobbiamo essere coraggiosi. Passerà. Ma certe cose non passano: si fissano e restano lì, condizionando tutto il resto. Così ho preso la mia pizza e me ne sono andato, perché di coraggio certe volte ce ne va troppo.
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