L’idiota è un romanzo di Fëdor Dostoevskij. Considerato uno dei massimi capolavori della letteratura russa, vuole rappresentare “un uomo positivamente buono”, un Cristo del XIX secolo.

L’Idiota che ho incontrato io invece è quello prevalente. Non quello che descrive il dizionario, ovvero quello affetto da ritardo mentale grave facente parte delle oligofrenie.
Lo so che idioti se ne vedono e sentono parlare molti, ma questo in qualche modo mi ha segnato, ha toccato una vetta, ha spostato il confine. Nulla di trascendentale, per carità, un episodio come ne possono capitare a tutti in ogni momento della giornata, però mi ha fatto riflettere. Così ne scrivo.
Il lunedì sera solitamente finisco di lavorare piuttosto tardi, e a volte capita che prima di tornare a casa passi in un certo pub: ci vado da vent’anni, conosco tutti e nessuno parla di lavoro. E’ una piccola isola felice fatta di chiacchiere fini a sè stesse, musica bassa, toni pacati e risate tranquille: una di quelle ‘cose casa’ di cui parlavo qualche post fa.
Così, mi installo su uno sgabello, ordino la mia pinta, scambio due battute con l’oste e tre compari attaccati al bancone, e acchiappo il giornale giusto per trovare un argomento da bar su cui dibattere senza per forza dover spremere il cervello che il lunedì sera è sempre piuttosto provato.
E lui arriva.
Del tutto sconosciuto ai soliti clienti, entra e attacca immediatamente a parlare con tutti, simultaneamente.
Io immagino che almeno l’oste lo conosca, ma lui , al tipico gesto della dita unite che sta a simboleggiare universalmente un ‘ma chi cazzo è questo? Lo conosci?’ mi fa cenno di no.
Sentendo aria di fenomeno in cerca di compagnia, i tre compari con cui chiacchieravo si staccano e in un attimo vanno nella saletta adiacente, ma io ho il giornale in mano e la pinta davanti e non voglio, ripeto, n.o.n. v.o.g.l.i.o. andarmene da lì. Così, apro il giornale e inizio a far finta di leggere.
“Ehh, ma quel gol c’era, eh? vero che c’era?”
Che gol, mi chiedo io per poi accorgermi con orrore che stavo facendo finta di leggere la pagina del calcio.
“Guardi (il Lei, sì), non ho davvero idea se la palla fosse dentro o meno, ma tanto…Voglio dire…Chissene, no?”
E cosa fa lui? Mi da una pacca sulla spalla e mi dice “Ma dai rilassati! Anche io vado allo stadio con gli amici! Non si va per guardare la partita ma per stare insieme, in compagnia, pensa che una volta sono andato con un mio amico che porcatroia era bevuto e io mi sono….”
Fin qui uno può dire: più che un idiota, mi pare un rompicoglioni. Ed è vero, ma non è tanto quello che ha detto: è la reazione a quello che ho fatto io. Sì, perchè nel centro esatto del suo ‘discorso’, ho preso il giornale, l’ho aperto alla pagina politica e mi sono girato dandogli platealmente le spalle.
E quello ha continuato come se nulla fosse! Così, sempre di spalle, ho bevuto tre golate buone di birra tenendo sempre l’occhio piantato sul giornale.
Niente!
…delrestofossiintemirilassereiperchèlavitaèbreveeporcatroiabisognaanchedivertirsiunpo’…
Mi sono girato con l’intenzione di mandarlo sonoramente a quel paese ma non ce l’ho fatta, sinceramente folgorato, annichilito da quella sua luce negli occhi, e ho capito di aver trovato l’archetipo dell’Idiota. La ‘pasta madre’ degli idioti. Così perfetto nel suo vaniloquio, così impermeabile a ogni sollecitazione esterna, del tutto inerte e incapace di reazione da risultare semplicemente perfetto.
Ho parlato di luce negli occhi perchè è un grave errore giudicare l’idiota come personaggio spento, apatico, incapace di ragionare. L’Idiota ragiona eccome, e lo fa con furore, con determinazione, ostinatamente, fino alla vittoria.
Infatti ha vinto: per la prima volta in venti anni di onorato servizio, ho lasciato metà della birra (che volevo bere) nella pinta, mi sono alzato dallo sgabello (sul quale volevo stare), e sono uscito dal locale (nel quale volevo rilassarmi mezz’ora).
Questo post è per te. Idiota.

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