Il punto di vista di Zummone:
Cesar Catilina (A. Driver) è un architetto visionario che, dopo aver inventato un nuovo materiale da costruzione, ha l’ambizioso piano di trasformare New York in una città avveniristica. Inevitabilmente si scontra con il sindaco Franklyn Cicero (G. Esposito), che invece è contrario al monumentale progetto di Catilina. A complicare le cose, la relazione tra la figlia del primo cittadino e l’affascinante architetto. Sullo sfondo, personaggi grandi e piccoli, si muovono tra corruzione, lotte di potere, trame nell’ombra e tanto altro.
Questa, in sintesi, la trama dell’ultimo film del leggendario Francis Ford Coppola. Ora vi dico cosa penso spassionatamente: è un film che ho detestato terribilmente, sicuramente lo metto nella top 5 dei peggiori in assoluto. Ha una trama sgangherata, dialoghi spesso ridicoli, mescola il latino e l’antica Roma con Shakespeare in maniera folle e butta nel cestino un cast stellare: citiamo almeno Dustin Hoffman, Jon Voight, Talia Shire, Laurence Fishburne, Shia LaBeouf. Al suo attivo un certo fascino estetico, ma non basta a riempire 2 ore e 18 di delirio. Costato 120 milioni di dollari, ricavati dalla vendita di alcuni suoi terreni coltivati a vigne, perchè nessun produttore voleva investire. Avrei dovuto fiutare la trappola qui. Eppure Francis ha vinto 5 Oscar e due volte la Palma d’oro a Cannes, firmando capolavori come la trilogia del “Padrino”, “La conversazione”, “Apocalypse Now”. A 85 anni non era meglio fare il nonno e basta?
Il punto di vista di Pier:
Inizio col dire che mi è piaciuto, in primis per i titoli di testa: ‘Una fiaba di Francis Ford Coppola’.
Una fiaba, appunto, che come tale va vista, letta e digerita. È il divertissement di un uomo che ha dato tanto al cinema e che voleva togliersi lo sfizio di fare un film per lui più che per gli spettatori. Un film che si è autoprodotto e sul quale ha ragionato per 30 anni.
Non penso che Coppola debba andare a fare il nonno ai giardinetti perché evidentemente ha ancora delle cose da dire e Megalopolis, piaccia o no, è una di quelle cose.
Penso che a volte un film vada affrontato con un metodo diverso dal solito ‘bella fotografia/sceneggiatura/recitazione/montaggio/colonna sonora’: questo ne è il caso forse più evidente. Il cinema in certi casi è amore: per il pubblico, per l’opera, per gli attori. In questo caso Megalopolis è cinema per Coppola, lo ha fatto per lui.
Si potrebbe anche dire: “Poteva farlo e guardarselo lui allora”. Poteva, ma non lo ha fatto perché magari a qualcuno sarebbe piaciuto. Tipo me, per intenderci.
Ho trovato alcuni momenti eccessivamente zuccherosi, altri barocchi [per non dire rococò…] ma ho anche visto momenti molto belli. Uno su tutti: le statue estenuate che si accasciano al passaggio della macchina dell’architetto [Adam Driver molto bravo].
L’ho trovato bello senza gridare al capolavoro e senza avvertire la necessità di rivederlo, ma in qualche modo mi ha toccato e quindi sì: ha fatto bene a farlo.
Vi lascio con una risposta illuminante che ha dato Coppola durante un’intervista a Rolling Stone:
Non sono uno storico o un antropologo, sono solo un anziano signore che ha superato gli ottant’anni e che vede che l’essere umano ancora non ha capito chi è e quali sono le sue capacità. E questo succede perché alcuni ci hanno deliberatamente costretti a pensare che l’essere umano non sia grande. Viviamo in un tempo artificiale, totalmente inutile.
Già che ci sono ve ne metto un’altra, che spiega perfettamente l’operazione Megalopolis:
Fare arte senza rischiare è come pensare di fare figli senza fare sesso.
Il punto di vista del Dott. Teenex:
In una Roma distopica, si compone un’agone tecnologico generazionale che sin dalle prime scene informa lo spettatore che quello che seguirà è già stato visto in mille altre occasioni. Ma non si giudica un’opera per la sua originalità, o almeno non solo. La pellicola è un pout pourri di elementi alquanto eterogenei e mal legati tra loro, perlomeno inseriti in ambientazioni ben congegnate. Sembra un’opera adolescenziale ad alto costo, decisamente ingenua, in particolar modo per la visione puerile di Roma; ma insomma, sono americani, li si può perdonare. Noi però film sul Vietnam non ne facciamo.
E’ quindi un brutto film? Si, ma non è un film classico, è una favola e soprattutto un progetto che Coppola coltiva da sempre, la cui realizzazione è stata finanziata direttamente dal regista. Un progetto ambizioso che non ha saputo restituire dignità al nome, ma è apprezzabile la libertà con cui ha voluto lanciarsi nell’avventura.
Per chi volesse andare a vederlo, un solo consiglio: accostarsi senza aspettative, ma solo con la curiosità di vedere un’opera che il regista ha creato senza pensare, evidentemente, al pubblico di destinazione e per coronare un sogno personale: al regista di Apocalipse Now, glielo si può o deve concedere.
Megalopolis: tre punti di vista by Collateralmente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.
Lascia un commento