Ciao, sono Barbara. E a quanto pare, fra le varie cose di lavoro, pare mi occupi di comunicazione.

Ndr: sto sempre sui social.
Ndr dei miei colleghi: non faccio un pazzo.

Mentre quindi sto sull’Instagra a non fare un pazzo, da parecchio tempo, nelle sponsorizzate, mi sta comparendo la pubblicità di un body, che, all’apparenza, forse potrebbe stare al mio cane, ma solo se la tosassi, e invece pare faccia miracoli per le culon3 come me e faccia diventare la nuova Alex Owens.

”Ma no! Non si dice cul0na! Si dice curvy!”

Piccola parentesi.

Ai tempi di “petaloso” l’Accademia della Crusca deve aver sbattuto forte la testa (o forse, siccome eravamo in periodo estivo, se non ricordo male, forse non aveva seguito i consigli di Studio Aperto, era uscita nelle ore più calde senza bere, ha avuto uno svarione) ed ha accettato di mettere questa meravigliosa parola (mortaccivostra) nel lessico italiano.

Lo stesso vale per questi meravigliosi termini che spopolano ultimamente.

Curvy.

Body positive e derivati.

Etc.

Signori. Ripeto. Abbiamo una così bella lingua madre. Ricordiamoci di usarla.

E prima di usarla, usiamo il cervello.

E magari, se usciamo nelle ore più calde, beviamo acqua e mettiamoci un bel cappellino.

Così non prendiamo decisioni affrettate. Che, per la maggior parte delle volte, sono decisioni di m3rda.

Chiusa parentesi.

Mi compare questa sponsorizzata, ed io, che, lo ammetto, sono un pò schiava del marketing, penso “uhm, magari potrei provarlo.”

Ma poi si inculcano in me due pensieri (ho il cappello in testa eh):

  • ma con ‘sto caldo, ma chi me lo fa fare, a me, di intabarrarmi in un body, che poi, a toglierlo, non ho più bisogno di andare ad allenarmi a ginnastica militare, per tutta la fatica che faccio, dato che ha deciso di affezionarsi alla mia ciccia e al mio sudore e di diventarci tutt’uno?
  • ma poi, quando devo andare in bagno, ma sai che trigo (ndr: termine piemontese per definire il casino casinoso) che mi tocca fare?

Poi torno in me, e realizzo quanto non sia tutto social quello che luccica.

Perchè poi osservo bene, e, sì, non mi compare sempre la solita donna in queste sponsorizzate. Ogni tanto è una ragazza in carne come me, forse di più (oh, non ce la faccio a dire quella roba là).
Ma poi mi appare una signorina normo pesante, che una sua coscia è corrispondente a un mio braccio.
E allora grazie, graziella, e #graziealcazzo (questa non la accetta, l’Accademia della Crusca, vero?).

Che poi succede, nella maggior parte (che poi mi l1nc1ano per aver scritto “tutte” e poi fanno come gli uomini, che dicono “non siamo tutti così, gne gne”) dei casi: proposte di articoli per persone a cui piace magnà (una gioia, nella vita, ci hanno dato. Lasciatecela, por favor) indossate da persone che, o hanno un metabolismo che “velocità della luce spòstati”, o si nutrono di sole-cuore-amore.

Perchè non è possibile che poi io, siccome sono un cane e mi fido pure di Giuda, faccio per andare a provarmi un capo d’abbigliamento, e quello mi fa come Nelson dei Simpson.

e allora mi tocca passare al piano B: reparto zia Matusa, che deve andare ad incontrarsi con le amiche per giocare a tressette e parlare con stizza delle loro ex amiche che si son rifatte il naso o il seno ma si son dimenticate il collo e quindi sembrano Imhotep dopo che è stato risvegliato.

La moda è un pò come me: predica bene, e razzola di m3rda.

Perchè non puoi predicare la body positivity, la body inclusion (mi ero scordata di scriverla prima), e poi mi fai vestire capi che potrebbero mettere due di me messe insieme, da una che è grande quanto il mio cervello.

Non è tutto social quello che luccica. Lo diciamo tutti ma tutti ci caschiamo.

Perchè, dal virtuale al reale, poi, è quello che ci frega.

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