Sapete quelle cose che uno giudica per averle viste in superficie, no? Sul cosplay e sui cosplayers il mio non era un giudizio in sé, ma un atteggiamento di distacco, come a dire: “Ma guarda ‘sti quattro fulminati…”
Così mi capita di andare per lavoro al Torino Comics, e di starci due giorni; il primo giorno vedo tutta questa gente di ogni ordine ed età che va in giro per gli stand travestita da Batman, da Capitan America, da Papa [!!], da Wonder Woman… E mi chiedo “Ma stanno bene? Cioè, fanno sul serio?”.
Sì, fanno sul serio, perché i cosplayer sono molto seri nel loro modo di essere. Ci ho messo un po’ a capire che no, non era come il carnevale, qui si fa qualcosa di diverso.
Non so come altro dirlo, ma questi ragazzi [e non solo ragazzi] fanno davvero parte di una comunità, hanno modi e tempi tutti loro, si travestono perché si divertono, ma lanciano un messaggio che ancora non ho capito ma che certamente è qualcosa di forte, di giocoso, di ‘impegnato’: perché ci va impegno a fare certi costumi, a truccarsi, a mettersi le lenti a contatto multicolori.






Il secondo giorno ho visto la cosa sotto un’altra luce: mi hanno trasmesso voglia di giocare, di divertire e divertirsi, di gareggiare sorridendo senza ansie da competizione.
Mi è davvero piaciuto vederli con le katane, i costumi e le corazze, con le pupille da gatto, intenti a guardarsi, a darsi consigli, a ridere, a farsi selfie. Era tutto naturale, nella finzione, e questo mi è piaciuto molto.
Hanno ancora voglia di mettersi in gioco e di seguire i propri eroi che evidentemente nel mondo reale sono sempre più opachi e mediocri.
Portate allegria, ragazzi: magari l’ho capito tardi ma da adesso vi guarderò da una prospettiva diversa.
P.S. No, non mi travestirò mai.
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