Durante la guerra di Secessione (1861-1865) un gruppo di soldati nordisti si trova a perlustrare un territorio dell’ovest, in attesa dei rinforzi. Siamo nell’inverno 1862 e il clima, come anche la natura, è più che mai ostile. Le giornate scorrono lente, nell’attesa quotidiana che dilata il tempo. Il freddo, la solitudine, la scarsità di viveri, la speranza di sopravvivere, si mescolano allo spirito di corpo e di solidarietà, tra soldati giovani e non. Il nemico, invisibile, è in agguato, impossibile separarsi dalle proprie armi.
Roberto Minervini scrive e dirige un film anomalo, a metà strada tra il western e il documentario, con lo stile con cui ci ha abituato (chi si ricorda il bellissimo “Louisiana” del 2015?). E’ una storia di pochi dialoghi, inquadrature notevoli in una cornice naturale spopolata, che viene esaltata da una splendida fotografia. Molte scene nei momenti del crepuscolo giornaliero, un lungo scontro a fuoco in cui non si intravedono quasi mai i sudisti. E’ un film sull’attesa, con echi che potrebbero ricordare romanzi di Buzzati e Coetzee.
Premiato per la regia, nella sezione “Un certain regard”, al festival di Cannes 2024.
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