Nella Roma occupata della fine del 1943, il circo Mezzapiotta si esibisce per il pubblico: a capitanarlo c’è Israel (G. Tirabassi), che porta in scena Fulvio (C. Santamaria) l’uomo lupo, Mario (G. Martini) il clown magnetico, Cencio (P. Castellitto) il ragazzo che “comanda” gli insetti e infine Matilde (A. Giovinazzo) la ragazza elettrica. Quando i tedeschi catturano Israel, Matilde si mette in testa di ritrovarlo, mentre gli altri tre cercano fortuna al Zirkus Berlin: la ragazza sulla sua strada incontrerà uno strano gruppo di partigiani, guidati dal Gobbo (M. Mazzotta); i tre freaks invece il nazista Franz (F. Rogowski), che ha sei dita per mano, suona il pianoforte, ma soprattutto è convinto di vedere nel futuro, in particolare sotto l’effetto dell’etere. Tutti quanti combatteranno nella battaglia finale, che prende gli ultimi 20 minuti del film.
Lo ammetto: ero scettico. Ultimamente i film troppo lunghi li patisco e questo dura 2 h e 20 minuti. E poi “Lo chiamavano Jeeg Robot”, cioè il primo film di Mainetti, non è che proprio mi avesse entusiasmato (sì, lo so, potete insultarmi). Eppure ne sono uscito completamente ricreduto. Impossibile ascrivere questa pellicola a un singolo genere, il regista (anche co-sceneggiatore insieme a Nicola Guaglianone) mescola i toni e gli stereotipi, a tratti strappa anche risate, usa sapientemente gli effetti speciali (con tanto di splatter), crea una bella progressione narrativa che cattura lo spettatore. Ha più di un debito e di un omaggio a Quentin Tarantino e non solo.
A patto di accettare la scommessa del film, in un cocktail di storia e fantascienza, grottesco e fiabesco, questa storia in salsa romanesca, di emarginati che hanno superpoteri, è un sorpresa preziosa. E ci ricorda che gli ebrei di turno, i diversi, i mostri o chiunque altro appartenga a una minoranza, sono spesso i perseguitati dal Potere.
Indubbiamente insolito e originale, per il panorama del cinema italiano. Da vedere!
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