In direzione ostinata e contraria, si dice. Però non sempre contro tutti e tutto.
Questo è uno degli esempi di come la direzione ostinata e contraria non è contro, ma è ‘per’.
Ciò che fa Jan Vormann con il suo progetto Dispatchwork è costruzione là dove c’è decandenza, e lo è con il materiale da costruzione per eccellenza: i Lego.
Lo trovo geniale, poetico, ficcante al pari di chi come Liz Christy nel 1973 inventò le azioni di guerrilla gardening (una forma di azione nonviolenta diretta, praticata soprattutto da gruppi ambientalisti. Questi movimenti sono solitamente legati alle problematiche riguardanti i diritti della terra. Gli attivisti rilevano un pezzo di terra abbandonato, che non appartiene loro, per farci crescere piante o colture.)
In tempi come questi (mediocri al limite della sopportabilità), è un’azione critica che sensibilizza senza urlare.
Che costruisce senza dover prima per forza distruggere.
Che restaura con creatività ed eleganza un bene comune, l’equivalente di quel senso comune di appartenenza e di vicinanza che dovrebbe essere la cifra del nostro vivere.
Tutto questo con i colori di un mattoncino che è il simbolo stesso di un modo di giocare che fa più o meno così: dai, sediamoci per terra, fuori i Lego e costruiamo qualcosa.
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