Nelle verdi montagne galiziane, in un paese di contadini e allevatori, è arrivata da due anni una coppia di francesi, marito e moglie: Antoine (D. Menochet) e Olga (M. Fois). Coltivano la terra e vogliono ristrutturare delle vecchie case diroccate, convinti che servirà a ripopolare la zona. Antoine è guardato con sospetto, lo si capisce fin dall’inizio, soprattutto dai due fratelli suoi vicini di casa, Xan (L. Zahera) e Lorenzo (D. Anido). Presto si comprende che le ragioni del risentimento stanno principalmente nella decisione di Antoine, di opporsi alla vendita dei suoi terreni a una società estera, per la realizzazione di un impianto eolico. L’uomo francese e i paesani spagnoli si ritrovano spesso al bar del paese. L’alcool facilita le battute, le allusioni, gli sfottò. Passare alle minacce e alle intimidazioni, sarà facile, mentre la polizia locale non prende troppo sul serio le preoccupazioni dei coniugi francesi, dimostrandosi indulgente con i fratelli vicini di casa di Antoine. Inevitabile che tutto scivoli nella violenza, ma il lungo epilogo riserverà non poche sorprese.

Thriller di rara tensione narrativa, alla quale contribuisce l’uso sapiente delle musiche, “As Bestas” vede la regia di Rodrigo Sorogoyen (“Che Dio ci perdoni”, “Il regno”), che firma anche la sceneggiatura insieme a Isabel Peña. È un film che parla di risentimento, odio, vendetta, invidia, povertà culturale e violenza, ma anche dignità, determinazione, fierezza. Non c’è giudizio, solo una lucida analisi di una dinamica animalesca (evidente la metafora del domare i cavalli) che sfocia nel tragico, dove gli uomini non riescono a controllare i propri impulsi, dove l’ostinazione di Antoine (con più strumenti culturali) e la sorda intransigenza di Xan (nato e cresciuto in quei luoghi, poco scolarizzato), sono destinate a collidere in maniera inevitabile. Film che alterna, in una cornice ambientale di rara bellezza, dialoghi serratissimi che sono quasi sempre sull’orlo dell’esplosione muscolare, a silenzi affidati a sguardi pieni di significato nascosto. Una vena di inquietudine lo pervade, non è un boccone leggero.

Inevitabile non pensare a “Il vento fa il suo giro”, in chiave ancora più cupa.

Squadra di interpreti impeccabile, 2 ore e 15 senza una sbavatura e spese benissimo. Non potete perderlo!

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