Nella periferia degradata di Roma comanda la famiglia criminale dei Mancini. Riccardo (M. Ranieri), dopo molti anni in un ospedale psichiatrico, ritorna casa e riaccende le vecchie ceneri sopite di un rapporto di odio e amore, soprattutto con la madre (Sonia Bergamasco), terribile matriarca senza un dito che guida la famiglia, e con i fratelli, che gestiscono un traffico di stupefacenti e altri loschi affari. Quel che muove la mano di Riccardo è la vendetta, che arriverà inesorabile, scaraventando la famiglia in un gorgo di violenza e sangue.
Roberta Torre (che esordì nel lungometraggio, vent’anni fa, con “Tano da morire”) rilegge un classico di Shakespeare, il “Riccardo III”, a modo suo. La mescolanza è folle: si può leggere in chiave di moderna favola dark, con risvolti psichedelici e psicanalitici, ha intermezzi da musical e coreografie grottesche, si muove nel territorio del pulp e del grand guignol. Un cocktail bizzarro, ma di indubbia efficacia, dove anche musiche e fotografia contribuiscono al risultato complessivo. Si può pensare quel che si vuole, forse trovarlo discutibile, ma è innegabile che la Torre abbia un suo stile. Ranieri in gran forma, ricorda nel suo personaggio il Nosferatu di Herzog e Murnau.
Presentato al Torino Film Festival. Da guardare senza pregiudizi.
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