Difficilmente riuscirò a dormire stanotte, o perlomeno a dormire di quel sonno che ristora: raucedine e voce quasi a zero, mal di gola, naso intasato.

È una di quelle sere che si trasformano in notte con lentezza, quasi di soppiatto: diventano poi un nido di pensieri che si formano sparsi per poi morire oppure crescere e diventare indipendenti. Una di quelle notti in cui alcune emozioni fanno guerra con altre, alcune riflessioni vogliono diventare azioni, alcune certezze mostrano crepe difficili da ignorare.

Non va da nessuna parte questo post, è solo la cronaca di una notte che non si fa dormire, che non si oltrepassa se non con la luce del giorno dopo. In effetti è la luce che oltrepassa la notte, non siamo noi.

Ho in mente di scrivere due libri e mi dico, mentendo, che mi manca il tempo. Il tempo c’è, è lì e dice sempre la stessa cosa: “Sono qui: usami”. Riuscirci è una lotta contro la ‘vita di tutti i giorni’, il nostro modo di descrivere come riempiamo le ore e poi i giorni e poi gli anni. Due libri da scrivere, qualcosa che mi interessa e che voglio snocciolare come un rosario, pagina dopo pagina fino alla parola ‘fine’.

E a proposito di ‘fine’: saranno di più le cose fatte o quelle non fatte? Più le occasioni colte o quelle perdute? Più le persone amate o le altre?

C’è questa cosa della notte che porta a smettere di coltivare certezze come fossero verdure e riporta il tutto a un punto interrogativo.

Ripeto: questo post non va davvero da nessuna parte, è un cerchio. Bisogna capire se è un cerchio come la ruota di un criceto o qualcosa che non si apre e si chiude mai e che vale la pena di avere tracciato.

I pensieri più piccoli son quelli che se ne vanno prima, come attimi: una frase detta bene, uno sguardo che suda complicità, un sorriso fugace, una frase iniziata ma non finita, un bacio, un bacio lungo alla fragola. Un’occhiata a un bel carattere tipografico, uno sbadiglio fatto nell’occasione sbagliata. Questi i pensieri piccoli.

E poi domande senza fine, dubbi prima piccini che crescono a dismisura col solo scopo di sgretolare certezze di un granito forse non di prima qualità. Ma è un forse: forse non di prima qualità.

Rimangono appese molte cose, al buio, indefinite ma ben presenti, pressanti.

Che fare? Stai fermo, non ti muovere. Ma se non mi muovo non procedo. Se non ti muovi non prenderai mai la direzione giusta, se ti muovi potrai aver preso quella sbagliata ma ti sarai mosso.

Ci sono pesci che vivono negli abissi: nascono sotto una pressione indicibile e quando si avvicinano alla superficie scoppiano come palloncini. Devono restare sotto pressione, o cesseranno di essere.

[Non sto vaneggiando e ho avvertito: questi sono solo pensieri sparsi, notturni e personali. Questo spazio è nato per questo, e per questo lo uso. Non è escluso che lo possa continuare, questo post]

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