A Seul, Na Youg (G. Lee) e Hae Sung (T. Yoo) hanno dodici anni, vanno a scuola insieme e sono inseparabili: vivono quella fase della vita in cui forse non si può parlare di amore, ma certo il loro è un rapporto molto stretto. Poi lei parte, al seguito dalla famiglia e le loro strade si perdono. 12 anni dopo, lei è a New York, si fa chiamare Nora e vuol fare la scrittrice; lui è rimasto in Corea, ha prestato servizio militare e sta studiando. Si ritrovano su Facebook prima, comincia così una conversazione quotidiana e a distanza, attraverso Skype, in cui si confidano l’andamento delle proprie vite, ritrovando l’antica intimità. Le loro esistenze, ancora una volta divise, si ritroveranno a New York dopo altri dodici anni: Nora si è sposata con uno scrittore statunitense di nome Arthur (J. Magaro), mentre Hae Sung ha un lavoro e un rapporto in crisi con la fidanzata. Passano due giorni insieme, prima della ripartenza dell’uomo.

Celing Song esordisce alla regia, con una storia di cui scrive anche la sceneggiatura. E’ un piccolo film prezioso, dove la vicenda narrativa è molto semplice, eppure così efficace, capace di toccare corde molto intime. Il merito si spiega con molti elementi: le scelte di regia, che catturano dettagli sottili, la colonna sonora, la prova degli interpreti.

Il titolo allude a una credenza orientale sulla reincarnazione e le persone con le quali si crea un legame indissolubile; ma è una storia che parla anche di occasioni perdute, rimpianti, amori impossibili che resistono nel tempo. Perchè, “questa cosa che quasi non fu mai, ancora ci tenta”, direbbe Andrè Aciman.

Molte candidature a premi prestigiosi, comprese due agli Oscar, per il film e la sceneggiatura originale. Da guardare, se possibile, in lingua originale!

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