Io ci voglio provare, perchè penso sia giusto farlo. Non farà mai male come se fosse successo davvero, non patirò quel dolore di chi ha avuto l’anima stracciata da un simile evento, ma ci voglio provare. Perchè non voglio dire solo “Poverini”.
Poverini un cazzo: voglio provare a ‘vedere’ qualcosa di diverso senza ritrarmi dall’orrore. Senza scappare da quei pensieri (Così come sono scappato di fronte al pensiero di Beslan nel 2004, tanto per capirci)
Così, la scena è questa: io sto lavorando, sono alla mia scrivania, e pigio lettere sui tasti del mio computer. Ci sono i social da controllare, le statistiche dei siti, i blog, le mail; un orecchio alle notizie ‘importanti’, la politica, i comunicati stampa…E’ tutto lì in bell’ordine.
Ma squilla il telefono: il numero è sconosciuto.
“Pronto”.
Un conto è dirlo, un altro è esserlo, soprattutto perchè non si è mai pronti per le notizie che la voce mi sta portando.
La voce mi dice che c’è stato un incidente. Il cuore inizia a pompare più in fretta: sono finito sulla casella della malasorte. Devo mollare tutto e correre (correre, correre) verso la scuola dove mia figlia va ogni giorno per imparare le cose del mondo; ma non c’è più scuola. Ci sono dei calcinacci, e polizia, vigili del fuoco, lampeggianti, forse qualche collega giornalista. E urla, e silenzio, e poi ancora urla.
E’ difficile andare avanti, ma io insisto proprio perchè ‘poverini’ non mi basta.
Perchè una volta che sono lì davanti e tutto diventa un turbine al cui centro ci sono io, immobile, sfigurato dalla paura, le cose si mischiano e io voglio solo due cose: la prima è credere che mia figlia sia viva e non morta lì sotto. La seconda è smettere di pensare al tetto che crollava, al muro che la feriva e le rompeva le ossa, al suo respiro che cessava, soffocato dalla polvere, dai detriti.
Smettere di pensare alla paura che poteva avere avuto: sola, senza la mamma e il papà vicino, incastrata e senza fiato, alla fine della sua vita.
Ci sto pensando e lo sto scrivendo con la foto di mia figlia davanti.
Questa roba qua la può sentire solo chi ha visto nascere e crescere un robino su cui ha investito tutte le energie e le speranze che aveva.
Non è solo ingiusto. E’ uno spreco per tutti quanti.
Sono dieci anni che quei bambini sono morti a San Giuliano di Puglia perchè qualcuno ha costruito male la scuola che doveva forgiare i sogni di bambini (e di genitori!) che invece sono morti (morti. Bimbi m.o.r.t.i.) schiacciati, dilaniati. Uccisi.
‘Poverini’ non mi basta oggi.
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