Se siete fra quelli (tanti o pochi, non so) che credono che la mafia, la ‘ndrangheta, sia questione meridionale, questo libro è per voi. Se siete fra quelli che credono che la mafia sia ormai colletti bianchi e alta finanza, questo libro è per voi. Se siete fra quelli che credono che o si è con la mafia o si denuncia, o bianco o nero, questo libro è per voi.
Scrivo questa recensione 4 anni dopo aver letto Loro mi cercano ancora perché il percorso che mi ha portato a leggerlo e a conoscere la storia di Maria Stefanelli sta volgendo al termine. Dopo quasi 11 anni di lavoro (volontario) in Libera, tempo e forze per continuare insieme a questo fantastico gruppo di persone è venuto meno e mio malgrado devo fare delle scelte. Mi sono rimessa a pensare così a tutte le storie incontrate sul mio cammino, sono tante e cariche di emozioni. Non c’è una classifica, sarebbe impossibile farla, ma gli anni passati in udienza per seguire il processo Minotauro contro la ‘ndrangheta a Torino e provincia sono sicuramente una delle esperienze che mi hanno segnato di più nella vita. A vent’anni l’impatto dell’aula bunker del carcere delle Vallette di Torino, con una settantina di imputati schierati nelle gabbie, e i loro parenti seduti a pochi metri da te bastano da soli a metterti davanti a una realtà che non puoi più ignorare. Ricordo il freddo glaciale di quell’aula, la tensione palpabile, gli scherni degli imputati, la professionalità dei pubblici ministeri e poi naturalmente ricordo i testimoni chiamati a parlare. Tra questi, Maria Stefanelli, vedova di Francesco Marando, esponente di una delle famiglie di ‘ndrangheta più potenti al mondo.
Ho avuto la fortuna (se di fortuna si può parlare) quando ancora non si parlava pubblicamente dell’uscita del suo libro, di sentire la deposizione di Maria Stefanelli chiamata come testimone al processo Minotauro contro la ‘ndrangheta nel torinese. Tempo dopo, appena ho iniziato a leggere il libro, è stato come tornare in quell’aula bunker e sentir risuonare le parole scritte con la sua voce sentita di persona. Maria Stefanelli racconta la sua storia accompagnata nella scrittura da Manuela Mareso, altra donna giornalista meravigliosa che ho avuto il piacere di incontrare per un po’ di tempo sulla mia strada in Libera. Il libro è la lunga confessione della sua vita fatta alla figlia, cresciuta in un’infanzia inconsapevole delle sue radici. Viene da sperare che quelle radici possano non essere mai più sue, che la sua vita prenda strade ben lontane dalla ‘ndrangheta.
Impossibile riassumere una vita e un libro così, irrispettoso dire che “sembra un film” perché le vicende raccontate e la sofferenza di alcun fatti sono reali. La storia si snoda lungo tutta l’Italia, arrivando fino a Volpiano, città-base della famiglia Marando, e racconta la realtà di una mafia ancora estremamente violenta, un elemento su tutti: ancora oggi i tre cadaveri della ‘faida degli Stefanelli’ sono introvabili nelle campagne di Volpiano. E ancora, Maria Stefanelli ce lo dice con chiarezza, quando si cresce e si vive a stretto contatto con la mafia, la linea tra legale e illegale diventa labile, non sempre si possono fare le scelte giuste rimanendo illesi.
Alla fine però lei la sua scelta l’ha fatta, ed è quella che l’ha portata in quell’aula bunker e in molte altre a testimoniare contro la sua famiglia e contro la rete di persone di cui è venuta a conoscenza. Una scelta che pesa e che in parte ha condannato lei, invece di condannare solo gli imputati dei crimini veri.
Questo libro è un pungo nello stomaco, ma ricordate che non è nulla in confronto a quello che ha vissuto lei sulla sua pelle.
Titolo: Loro mi cercano ancora
Autore: Maria Stefanelli e Manuela Mareso
Casa editrice: Mondadori – Strade blu
Pagine: 203
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