Sicilia, 1920. Luigi Pirandello (T. Servillo) è in viaggio nell’isola, dopo molti anni dal trasferimento a Roma: apprende della morte della sua anziana balia e fa visita a Giovanni Verga, per il suo 80simo compleanno. La tumulazione della salma della defunta lo fa incontrare casualmente con due becchini, Sebastiano (S. Ficarra) e Onofrio (V. Picone), i quali hanno la passione per il teatro e stanno facendo le prove di uno spettacolo teatrale che devono portare in scena a breve. All’inizio i due non riconoscono il grande Pirandello, ma poi sperano vivamente che lui possa vedere la rappresentazione del loro testo e magari dispensare dei consigli.

Intanto Pirandello è in crisi creativa, tormentato da incubi e visioni (anche della moglie che ha problemi di salute mentale) e non riesce ad andare avanti nella scrittura del nuovo dramma. Assistere alla tragicomica messa in scena del testo di Sebastiano e Onofrio lo ispirerà al punto da partorire il celebre testo “Sei personaggi in cerca d’autore”.

Roberto Andò (“Viva la libertà”, “Le confessioni”, “Il bambino nascosto”) racconta uno spaccato di Sicilia, con molto dialetto nei dialoghi che sono spesso sottotitolati, fa un omaggio a Pirandello e alla sua visionaria poetica, dipinge un quadro che mescola abilmente leggerezza e introspezione. Forse il merito maggiore, che contribuisce in maniera determinante al risultato finale, è quello della direzione degli interpreti, con un Servillo sempre bravo, ma in un ruolo sotto le righe e spesso silenzioso, e con la trovata azzeccatissima di usare Ficarra e Picone, che sono perfetti e spesso si prendono la scena. Intorno a loro, in piccoli ruoli, anche Fausto Russo Alesi, Renato Carpentieri, Luigi Lo Cascio, Donatella Finocchiaro, Galatea Ranzi.

Il titolo allude a quelle fasi di malinconia che hanno sempre caratterizzato la vita di Pirandello e forse stimolato la sua fantasia, oltre che la penna.

Una bella sorpresa del nostro cinema, davvero piacevole a guardarsi.

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