Nell’Oklahoma degli anni ’20, Ernest (L. Di Caprio) reduce della Grande Guerra, torna in famiglia accolto dallo zio Bill (R. De Niro), che lo prende in casa e gli dà un lavoro. In quel contesto particolare, la nazione Osage, ci sono molti indiani pellerossa e la terra è ricca di petrolio, i cui frutti sono goduti principalmente dai nativi. Ma l’uomo bianco è in maggioranza numerica, oltre che desideroso di mettere le mani sull’oro nero. Ernest sposerà Mollie (L. Gladstone) e avrà dei figli da lei, ma ben presto si accorgerà di come lo zio miri a impossessarsi della ricchezza famigliare della giovane indiana, con qualunque mezzo. Il sangue scorrerà, costringendo l’FBI a indagare.
Martin Scorsese, che non ha bisogno di presentazioni, torna a raccontare il cuore di tenebra americano, venti anni dopo “Gangs of New York” e con una vicenda spostata in avanti di oltre mezzo secolo. Tuttavia i temi centrali sono gli stessi: l’avidità, la violenza, il denaro che tutti corrompe, il senso di colpa, la famiglia. Lo fa con un ritmo compassato (3 h e 26 di film!), forse troppo, raccontando la storia attraverso i suoi tre protagonisti: il debole e ignorante Ernest, suo zio Bill, luciferina eminenza grigia delle azioni e le sue conseguenze, e la giovane Mollie, fiera e testarda figura femminile. Un terzetto di attori in splendida forma, ma gli applausi vanno a Lily Gladstone, già considerata in odore di Oscar. Fotografia, montaggio e colonna sonora fanno il resto.
In contro luce, una metafora dell’America e del sogno americano, come al solito senza molte speranze. Imperfetto, come spesso capita a Scorsese, e con dei difetti, ma dall’indubbio fascino.
Killers of the flower moon by Collateralmente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.
Lascia un commento