Aldo Braibanti (1922-2014) è stato partigiano giovanissimo, poi scrittore, poeta, filosofo, autore teatrale e grande appassionato di formiche, oltre che studioso del loro mondo. Alla fine degli anni ’60 finì sotto processo, con l’accusa di plagio: a Braibanti, omosessuale dichiarato, veniva contestato di aver sedotto e sottomesso un suo giovane allievo, Giovanni Sanfratello. Nel pieno dei movimenti studenteschi e della contestazione sessantottina, Braibanti fu condannato a 9 anni in primo grado, ridotti a 4 in appello e ne scontò due. Sanfratello fu fatto internare dalla propria famiglia, subendo anche la terapia dell’elettroshock.

Nel film di Gianni Amelio, la storia di Braibanti (L. Lo Cascio) è raccontata anche con qualche sconnessione temporale nell’arco di un decennio, dal 1959 in avanti, quando il protagonista conosce il giovane Ettore (L. Maltese), il quale approda alla “corte” di questo intellettuale colto e magnetico. Tutta la vicenda ha come contraltare il racconto che fa Ennio Scribani (E. Germano), cronista dell’Unità che segue il processo, personaggio di fantasia che Amelio e i suoi sceneggiatori introducono, per dar voce a una intelligenza critica, di chi non si schierò con il conformismo bigotto e conservatore di un pezzo consistente della società di allora.

E sì, perchè anche se il film non è un capolavoro (troppo lungo in certi passaggi, certe scene troppo didascaliche), ha il merito comunque di ricostruire una storia misconosciuta ai più, a tratti allucinante, emblema di una pagina di storia italiana vergognosa, in cui più che processare un uomo per un’accusa ridicola, si stava difendendo con le unghie e con i denti altre istituzioni: la famiglia e la sua autorità, l’ordine morale dello Stato stesso, tutti crismi inattaccabili o indiscutibili. L’omosessualità era inconcepibile anche solo da nominare. Braibanti, come Pasolini anni prima, fu linciato mediaticamente, difeso da molti intellettuali, ma con freddezza dal gruppo dirigente del PCI, di cui era pur sempre un militante.

Quindi onore ad Amelio per aver raccontato la vicenda, con qualche libertà (Sanfratello che diventa Ettore nel film, il personaggio di Ennio che ricorda una scelta analoga per “Hammamet”). Bravo Lo Cascio, come pure Germano, ma la sorpresa è l’esordiente Maltese, che merita grandi applausi.

Per chi volesse, su Prime Video si trova un documentario “Il caso Braibanti” del 2020, con molte interviste e immagini di repertorio.

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