Quelle notizie con cui non vorresti cominciare un lunedì mattina: l’addio a Ennio Morricone (1928-2020), gigante della musica, compositore e direttore d’orchestra, il cui nome resterà legato principalmente alle colonne sonore di film, che hanno fatto la storia del cinema. Si era diplomato al Conservatorio di Santa Cecilia, in tromba e molto giovane aveva cominciato a scrivere musica per il cinema. Il grande pubblico inizierà a conoscerlo grazie all’incontro con Sergio Leone, per il quale scrisse la colonna sonora del primo film (“Per un pugno di dollari”, 1964) e di tutti quelli successivi. Una carriera lunga più di mezzo secolo, è impossibile citare tutte le musiche che ha composto, per le quali ha ricevuto una pioggia di premi, lavorando con i più grandi registi della storia del cinema, da De Palma a Joffè, da Tornatore a Leone, da Malick a Polanski, da Petri a Montaldo, da Almodovar a Bertolucci e tanti ancora.

Però quanti di noi, guardando un film a cui siamo affezionati, uno spot televisivo che usava un suo pezzo, o più semplicemente ascoltando qualcuna delle sue composizioni, si sono emozionati, commossi, persi nei ricordi e nelle suggestioni che la sua musica sapeva evocare? Con “Nuovo cinema paradiso”, “Metti, una sera a cena”, “La piovra”, “Gli intoccabili”, “Mission”, “C’era una volta in America”, “La leggenda del pianista sull’oceano”, “Sacco e Vanzetti” (con Joan Baez), “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” e ancora lavorando con Quentin Tarantino, in anni recenti. Vinse due Oscar, il primo alla carriera nel 2007, introdotto e tradotto da un sorridente Clint Eastwood, che gli fece da interprete davanti al gotha di Hollywood. Il secondo per “The hateful eight”, di Tarantino appunto, nel 2017.

Personalmente ho avuto la fortuna di vederlo in concerto, a Torino, in due occasioni. La prima, durante le Olimpiadi invernali del 2006, in una freddissima piazza Castello, tutti a battere i piedi per il gelo e ascoltare raccolti. Ricordo che sul pezzo “L’estasi dell’oro”, memorabile partitura da “Il buono, il brutto e il cattivo” (rifatta anche dai Metallica), l’amplificazione in piazza saltò: senza fare una piega, Morricone continuò a dirigere e tutti noi, tendendo l’orecchio ancora più stretti e silenziosi. Avrebbe poi replicato nel bis, quasi a scusarsi dell’inconveniente.

Quanto è banale dire che la musica è immortale e la sua resterà: questo dovrebbe consolarci, ma credo che oggi siamo tristi in tanti, come se fosse morto qualcuno di famiglia (anche se lontano), che ricorderemo senza bisogno di fotografie, ma per quelle note inconfondibili che continueranno a cullarci, in tanti momenti della nostra vita.

Addio, maestro. Here’s to you!

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