Charlie (B. Fraser) è un uomo obeso che non esce più di casa. Fa il docente di scrittura, attraverso i corsi on line, durante i quali tiene spenta la videocamera, per non mostrarsi ai suoi studenti. L’unica presenza umana che frequenta il suo appartamento è quella di Liz (H. Chau), amica e infermiera, che lo aiuta e lo accudisce. Sapendo di essere in grave pericolo di vita, per la sua mole e le patologie connesse ad essa, Charlie cerca il ricongiungimento con la figlia Ellie (S. Sink), avuta dalla ex moglie Mary (S. Morton), dopo che ha abbandonato le due donne 8 anni prima. Nei giorni in cui si svolge la vicenda, compare anche Thomas (T. Simpkins), giovane missionario della New Life Church. Intanto veniamo a sapere di alcune vicende del passato del protagonista.
Darren Aronofsky (“Requiem for a dream”, “Il cigno nero”, “Madre”) non è certamente un regista dalla carriera “tranquilla”: si è trovato spesso a raccontare storie al limite. Qui lo fa a partire dal testo teatrale di Samuel D. Hunter, che ha curato la sceneggiatura. Voglio essere chiaro, di solito non amo il suo cinema: in questo caso, “The Whale” ha luci ed ombre, che non derivano solo dalla sua ambientazione statica. Ha al suo attivo la recitazione degli interpreti, sui cui spicca la prova di Fraser, che affida principalmente la sua performance al viso e alla voce, ma va citata almeno Hong Chau nel ruolo di Liz.
Resta il dubbio per quanto mi riguarda, e come in altri suoi lavori, che ci sia la scelta calcolata di raccontar una storia all’insegna del (compiaciuto?) pessimismo, della ricerca dell’eccesso sgradevole a tutti i costi (dalla prima inquadratura, Charlie viene mostrato senza filtri nella sua quotidianità). Affronta tanti temi: il perdono, l’espiazione, il rimpianto, il dolore, l’amore, la nostalgia del passato. Può produrre repulsione e commozione in egual misura, in ogni caso resta un film squilibrato (in tutti i sensi), come il protagonista di cui narra.
Candidato a 3 Oscar (Fraser, Chau e il trucco). A voi la scelta.
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