Sam (G. LaBelle) è appena un bimbo quando i genitori lo portano al cinema per la prima volta, nel 1952. Da quel momento la sua vita non sarà più la stessa. Insieme a lui vediamo la madre Mitzi (M. Williams) e il padre ingegnere Burt (P. Dano), oltre alle sorelle minori, famiglia di origini ebree e con vocazione errante, a causa del lavoro del capofamiglia, che costringe tutti a numerosi traslochi. Sam, ostinato come pochi, non si rassegna a chi liquida la sua passione per le cineprese come un hobby senza troppa importanza, in primis il padre. Anche a scuola, bullizzato per le sue origini religiose, troverà salvezza nella sua arte.
A 75 anni Steven Spielberg, il regista che ha contaminato l’immaginario collettivo di mezzo mondo, parlando di squali, extraterrestri, dinosauri, nazisti ed ebrei, archeologi avventurieri e futuri fantascientifici, lo sbarco in Normandia e tante altre storie, firma una pellicola autobiografica, con uno sguardo affettuoso e ironico della sua infanzia e adolescenza. Lo fa con leggerezza, ma anche pathos, consegnando alla figura di sua madre (una splendida Michelle Williams) forse il personaggio più importante. Ma sono da citare anche il paziente padre di Paul Dano, un eccentrico zio (Judd Hirsch) che compare all’improvviso e la scena finale con uno dei più grandi registi del ‘900 (ma non diremo chi, nè chi lo interpreta, perchè è davvero una chicca). Tutto il resto contribuisce al risultato, dalle musiche di John Williams (collaboratore di Spielberg da oltre 50 anni), alla fotografia di Janus Kaminski, passando per il suo giovane protagonista che ha in Gabriel LaBelle un alter ego credibile ed efficace.
Una storia di Natale a 18 carati. Buon feste!
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