Bob Ferguson (L. Di Caprio) e Perfidia Beverly Hills (T. Taylor) sono una coppia di attivisti rivoluzionari, bombaroli e antisistema, che hanno compiuto attentati insieme ad altri compagni di lotta. Sedici anni dopo, Bob si prende cura della figlia adolescente Wilma (C. Infiniti) e ha cambiato vita, quando dalle nebbie del passato compare il colonnello Lockjaw (Sean Penn), vecchio nemico e invasato razzista. Comincia così una fuga/inseguimento on the road, con diversi morti ammazzati.
Paul Thomas Anderson (“Magnolia”, “Il petroliere”, “Ubriaco d’amore”, solo per citarne alcuni) scrive e dirige un film, che si ispira al romanzo “Vineland” di Thomas Pynchon (da cui aveva già tratto “Vizio di forma” nel 2009). Impossibile da classificare, sempre in bilico tra la dimensione di grottesco e un certo umorismo nero, indubbiamente girato con solida maestria (vedi la sequenza dell’inseguimento nel prefinale).
Però. Però, al di là della verosimiglianza (poca), parliamo di 2 ore e 35 minuti di storia troppo sgangherata, lenta, a tratti noiosa. In breve: un incidente di percorso. Peccato, anche per un buon cast (ah, c’è anche Benicio del Toro), però a me ha irritato non poco, peraltro già dopo appena un quarto d’ora scarso. Dovevo sospettarlo prima, già “Vizio di forma” mi era stato indigesto. Evidentemente la materia narrativa di partenza non aiuta. Titolo senza senso, anche se fedele all’originale.
Si intuisce la volontà di parlare del tempo presente, con echi che rimandano alla violenza, la discriminazione, l’odio razziale. Il problema è aver immerso questi temi in una storia che non funziona. In rete circolano recensioni entusiastiche, tipo questa di Rolling Stone. Mi domando se abbiamo visto lo stesso film. Per quanto mi riguarda potete risparmiarvelo, poi, si sa, è un mondo libero, almeno per ora. Fate come credete.
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