László Tóth (A. Brody) arriva negli Stati Uniti nel secondo dopoguerra, dopo essere sopravvissuto ai lagher nazisti. E’ un architetto ungherese di fama, ebreo, con la moglie e la nipote che sono ancora in Europa, speranzose di raggiungerlo. La sua strada si incrocia, più volte negli anni successivi, con quella di Harrison Lee Van Buren (G. Pearce), dispotico magnate con la passione per l’architettura. Il ricco uomo d’affari coinvolge l’esule ungherese in un faraonico progetto: la costruzione di un imponente edificio, che possa essere luogo di incontro, di cultura, di preghiera. Nel 1953 arrivano la moglie Erzsébet (F. Jones) e la nipote Zsófia (R. Cassidy), mentre László è impegnato a dirigere il cantiere, tra mille difficoltà e contrattempi. Il suo genio visionario forse è compreso solo da Harrison, nonostante gli scontri tra i due uomini, che si protraggono per altri cinque anni. Epilogo nel 1980, a Venezia.
Brady Corbet (“The childhood of a leader”) dirige e co-sceneggia un film che è ambizioso e mastodontico come il progetto architettonico che narra, a partire dalla durata: 3 ore e mezza. Lo si capisce, in realtà già dai primi minuti della vicenda. Tutto è dilatato, spesso enfatico, procedendo per accumulazione; quest’ultimo aspetto, soprattutto nell’ultima parte infila nella sceneggiatura elementi per eccesso (anche inverosimili), facendo perdere compattezza alla storia. In definitiva è la storia di due uomini che per il proprio ego e la propria ambizione, si perdono, anche se in modi differenti.
Il film ha vinto il premio per la regia, alla Mostra del cinema di Venezia 2024 e tre Golden Globes (film, regia, miglior attore). Adrien Brody indubbiamente superlativo, anche se probabilmente il doppiaggio italiano ne smorza in parte la performance. Candidato a 10 premi Oscar, anche nei reparti tecnici che sono certamente di prim’ordine.
Un film riuscito a metà, per il mio modesto parere, dove alla fine la straordinaria dimensione estetica, prevale sull’efficacia della storia. Nella notte di Hollywood, il prossimo 2 marzo, non farò il tifo perchè vinca a tutti i costi.
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