2019: nella finale di un torneo di tennis si scontrano Art (M. Faist) e Patrick (J. O’Connor), che sono amici da quando hanno dodici anni, anche se le loro strade si sono poi separate. Davanti a loro, sugli spalti, c’è Tashi (Zendaya), che hanno conosciuto 13 anni prima condividendo lo stesso sport, e che è stata la ragazza di Patrick prima, per sposare successivamente Art e avere una figlia con lui. Mentre la partita va avanti, set dopo set, si rievocano molti episodi del passato, andando indietro nel tempo di oltre un decennio, che mettono meglio a fuoco i caratteri dei tre, ma soprattutto il loro singolare e triangolare rapporto.
Luca Guadagnino, dopo “Call me by your name”, “Suspiria” e “Bones and all”, firma la regia di un film scritto da Justin Kurtizkes. Diciamolo subito, il tennis è un pretesto: è una storia che parla di rapporti di forza, che possono diventare meschini giochi di potere, grette manipolazioni, condizionamenti psicologici e abissali sensi di colpa. Ma come sempre, nel cinema di Guadagnino, c’è una straordinaria capacità di mostrare il desiderio, di evocare emozioni anche contraddittorie, di fotografare stati d’animo in cui tutti possiamo riconoscerci. Qui la forza sta nel trio di interpreti, nella regia che asseconda i duelli sul campo da tennis come anche gli scontri verbali, nel consueto uso della musica fuori dai canoni classici e in maniera del tutto efficace.
Presentato come film di apertura alla Mostra del cinema di Venezia 2023, a causa dello sciopero del sindacato degli attori è nelle sale italiane soltanto da ieri. A pensarci bene è una storia per nulla edificante, per molti aspetti, ma non se ne può negare il fascino irresistibile.
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